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DIRITTO ALL'OBLIO - FOCUS -

  • 20/06/2022
Il Regolamento UE n. 679/2016 sulla protezione dei dati personali (GDPR) pubblicato nella Gazzetta Ufficiale europea il 4 maggio 2016, entrato in vigore il 24 maggio 2016, ma la sua attuazione è avvenuta a distanza di due anni, quindi a partire dal 25 maggio 2018, ha introdotto il  diritto alla cancellazione o cosiddetto "diritto all'oblio".
Possiamo certamente affermare che da ormai quattro anni questa espressione è entrata in qualche modo a far parte della nostra vita, in particolar modo per via dei motori di ricerca che rappresentano oggigiorno dei veri e proprio archivi online di tutto il materiale che può risultare sconveniente e dannoso per soggetti che sono stati protagonisti in passato di fatti di cronaca.
Ma che cos'è e che cosa si intende per "diritto all'oblio"? 
Il diritto alla cancellazione o “Il diritto cosiddetto "all'oblio" (art. 17 del Regolamento) si configura come un diritto alla cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. Si prevede, infatti, l'obbligo per i titolari (se hanno "reso pubblici" i dati personali dell’interessato: ad esempio, pubblicandoli su un sito web) di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi "qualsiasi link, copia o riproduzione" (si veda art. 17, paragrafo 2 del Regolamento). Ha un campo di applicazione più esteso di quello di cui all'art. 7, comma 3, lettera b), del Codice, poiché l'interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati, per esempio, anche dopo revoca del consenso al trattamento.
Il diritto all’oblio stabilisce una serie di criteri generali e di eccezioni, l’art. 17, infatti, elenca una serie di motivi in presenza dei quali l'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo (e il titolare del trattamento ha l'obbligo di cancellarli senza ingiustificato ritardo); fra le varie ipotesi, l'interessato può chiedere la cancellazione quando i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati, o quando abbia revocato il consenso al trattamento o i dati siano stati trattati illecitamente.
Tuttavia, sempre l'art. 17 stabilisce che il diritto alla cancellazione non sussiste quando il trattamento dei dati è necessario per soddisfare alcune esigenze; fra queste, per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione oppure a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica. Al di là di questi principi generali, resta il problema di stabilire quando il trattamento dei dati personali risulta in concreto "necessario" per esercitare la libertà di espressione e informazione o di archiviazione nel pubblico interesse.
Tuttavia, tale decisione spetta sempre all'interprete, cioè all'autorità (garante privacy o autorità  giudiaziaria) chiamata a decidere se in una certa vicenda sottoposta al suo esame la persona possa legittimamente pretendere che una notizia che lo riguarda, pur legittimamente diffusa in passato, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuova divulgazione.
Per quanto riguarda il piano operativo, chiunque intenda esercitare il diritto all'oblio può chiedere al gestore del motore di ricerca, quale titolare del trattamento, di rimuovere dai risultati di ricerca associati al suo nominativo le URL che rinviano alle fonti che riportano informazioni ritenute per lui pregiudizievoli.
Tuttavia, in caso di mancata risposta o di risposta negativa, il successivo rimedio è il reclamo al Garante Privacy ai sensi dell'art. 77 del GDPR o in alternativa il ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria.
Infine, qualora si voglia procedere mediante reclamo al Garante, è possibile contestatare la sua decisione mediante ricorso all'autorità giudiziaria.
 
Nel prossimo articolo: il diritto all'oblio tra il diritto all'informazione e il diritto di cronaca.
 
Alla prossima!